Ingegneria e arte
Le passioni di Charles Steele
Intervista di Elisabetta Nones a Charles R. Steele
Grazie all'invito dei docenti dell'area strutturale della Facoltà di Ingegneria,
l'Università di Trento ha avuto l'onore di
ospitare, da ottobre 1999 a gennaio 2000, Charles R. Steele, una delle
personalità più rappresentative nel settore della
Meccanica delle Strutture e dei Solidi
nonché docente presso l'Università di Stanford.
A partire dagli anni '60, Steele ha dato numerosi e fondamentali contributi alla
teoria dei gusci, sviluppando procedure di calcolo che trovano applicazione nel
settore delle strutture civili (strutture a volta e cupole) e meccaniche.
È piuttosto singolare che la conoscenza approfondita della meccanica
strutturale abbia permesso a Steele di indirizzare
la ricerca, negli ultimi quindici anni, verso un settore apparentemente non
collegato: la bioingegneria. La curiosità
scientifica e l'approccio metodologico rigoroso
hanno permesso a Steele di ottenere risultati particolarmente brillanti, non ultimo
nel campo dei meccanismi alla base dell'udito, materia in cui sta attualmente
sviluppando modelli analitici capaci di descrivere il comportamento,
particolarmente complicato, della membrana timpanica.
Professor Steele, quello che
colpisce maggiormente dalla lettura del suo curriculum è la grande varietà dei
suoi interessi di ricerca: dall'ingegneria meccanica alla tecnologia spaziale
alla bioingegneria. Questa è una qualità
non comune a livello accademico. Ci può spiegare quali sono stati i passaggi
tra le varie discipline e quale importanza ha per lei questa poliedricità di interessi?
|
|
Charles R. Steele (nato nel 1933 a
Royal Iowa, U.S.A.) è professore di
Meccanica Applicata all'Università di Stanford
(CA, U.S.A.). È editore di una delle riviste
più autorevoli nel settore della Meccanica
dei Solidi e delle Strutture, l'International Journal of Solids and
Structures. È membro di molte prestigiose associazioni
che si occupano di ricerca in diversi campi: ingegneria meccanica, aeronautica,
acustica, biomeccanica e biologia gravitazionale e spaziale. Ha ricevuto
numerosi riconoscimenti, tra i quali, recentemente, la medaglia Warner T. Koiter,
che gli è stata assegnata dall'American Society of Mechanical Engineers. |
|
La mia carriera universitaria è iniziata
con lo studio dell'ingegneria meccanica, dai suoi fondamenti alle teorie più evolute.
Nel corso degli anni mi sono reso conto che i principi dell'ingegneria meccanica
potevano essere applicati anche ad altri campi, di enorme interesse, quali
l'aeronautica, la medicina, la biologia. In
particolare mi occupavo dello studio dei gusci, o
detto più semplicemente delle cupole, che
in Italia abbondano nelle forme più
eleganti e prestigiose, basti pensare alla
Basilica di San Pietro a Roma. La struttura a guscio è presente con grandissima
frequenza in natura e per questo il mio sguardo
è andato gradualmente spostandosi verso lo studio di forme vegetali o animali
che funzionassero grazie a strutture di quella forma. Ma non ho preso in
considerazione solo il mondo vivente. Anche nel
campo dell'aeronautica e della ricerca spaziale si fa spesso uso di strumentazioni che
si basano su principi di ingegneria meccanica, nello specifico a forma di guscio.
Si pensi per esempio che al momento si sta progettando un sofisticato modello di
antenna satellitare che viene lanciata nello spazio in un involucro di piccole
dimensioni e si sviluppa poi nello spazio aprendosi "a fisarmonica". In natura è lo
stesso principio con cui i camaleonti e altri animali "srotolano" la lingua per afferrare
le prede. Le applicazioni dell'ingegneria meccanica quindi sono infinite ed è
affascinante e stimolante per uno studioso ampliare i confini dei propri studi
per esplorare mondi nuovi. Sono tuttavia convinto che possa essere difficile
occuparsi di vari campi scientifici, perché il
rischio è quello della superficialità. Per
questo molti miei colleghi rimangono legati alla loro area di studi iniziali. Ma per me
l'incrocio fra le varie discipline è una
continua scoperta!
Come pensa che possa essere
applicato lo studio dei gusci nella realtà italiana?
In Italia il patrimonio artistico è
ricchissimo e questo comporta grossi problemi di manutenzione delle opere d'arte.
Durante il corso che ho tenuto qui a Trento, parlando della teoria dei gusci con
riferimento ai casi delle cupole, ho esaminato con
gli studenti l'esempio della cupola di San Pietro a Roma e insieme abbiamo
cercato di capire il perché delle fratture che si
stanno formando al suo interno. Credo quindi che l'applicazione dei concetti
dell'ingegneria strutturale sia sicuramente fondamentale per l'Italia nell'ambito della
conservazione dei beni architettonici.
Un'ultima domanda: in che modo
è avvenuto il contatto con l'Università
di Trento?
Partiamo dall'inizio. Da parecchi anni sono editore dell'International
Journal of Solids and Structures, tra le cui pagine
sono ospitate ricerche di studiosi di tutto il mondo. Gli articoli degli ingegneri
italiani, inclusi quelli di Trento, sono sempre stati tra i migliori che abbiamo
pubblicato. Quando si è trattato di eleggere il
nuovo comitato di redazione, qualche anno fa, ho proposto la nomina di
Davide Bigoni, docente presso l'Università
di Trento. Ora Davide è nel nostro staff e
da lui ho avuto l'invito a venire a Trento per tenere un corso avanzato per allievi
ingegneri civili strutturisti. Ho trattato il tema dei gusci e delle piastre (superfici
piane) e le loro applicazioni a strutture di ingegneria civile. Il rapporto con gli studenti
è stato ottimo, sono davvero soddisfatto della loro partecipazione al corso e
dell'attività di ricerca che hanno svolto.
Ancora una volta gli ingegneri italiani si sono dimostrati all'altezza delle migliori
aspettative!
|